Opening > sabato 6 aprile ore 18,30
Finissage > 2 maggio 2019
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Elogio dei perdigiorno, guardiani della soglia
di Francesco Paolo Del Re
Il motore del lavoro è l’operosità; è questa l’unica garanzia di un profitto, di un progresso, del trionfo che viene accordato dal Dio Successo. Per quanti vivono sotto la minaccia del tempo che passa inesorabile e non ritorna indietro, non c’è crimine più infame della perdita di secondi, minuti e ore preziosi. Non si considera niente di più turpe, sotto il cielo di inesausta efficienza che ci sovrasta, dell’ozio. Non esiste maledizione più perfida e terribile di una porzione di giornata stornata al conto indefesso delle briciole concesse a noi, formiche laboriose. Eppure, contro la logica di un tempo che si fa tutto denaro, è possibile un ozio fecondo, ubertoso, che non genera vizi ma è foriero di progetti futuri, di semine audaci, di sviluppi fruttuosi. Un ozio creativo e propulsivo. È il riposo – a volte estatico a volte contemplativo e a volte semplicemente inerte – degli artisti, dei musicisti, degli scrittori, dei teatranti. Oziare infatti per l’artista non significa perdere tempo, al contrario è il momento della produzione prima della forma, del potenziale puro. Un’occasione di ricerca e fantasticheria, di elaborazione di idee e di costruzione di ponti e palazzi mentali. È, questo, un ozio frainteso, vituperato da chi non lo sa coltivare. È triste il destino dell’artista che costantemente si sente richiamato alla realtà non lo sa coltivare. È triste il destino dell’artista che costantemente si sente richiamato alla realtà da chi, vedendolo sapidamente oziare, non capisce il suo travaglio sospeso e si permette di svilirlo, classificandolo come tempo sprecato. Pierluca Cetera fa un personale elogio del tempo perso e dei perdigiorno che lo coltivano supini. Ne sceglie sei, di questi intrepidi esploratori delle amene terre dell’ozio, mettendo nel novero (e in mostra) per primo se stesso e poi attingendo alla cerchia dei suoi amici, fino a proporre una galleria di ritratti che è simile a un gioco di specchi. Sono loro gli oziosi protagonisti della mostra “L’Ozio”, progettata e congegnata per le stanze del Museo Nuova Era di Bari. Pierluca Cetera ne dipinge i ritratti a olio, a figura intera e quasi tutti a grandezza naturale, su ampie tele grezze tutte diverse tra loro, alcune di cotone, una di lino e altre ottenute dalla cucitura di tele più piccole. Li immagina mentre se ne stanno distesi a pensare, li ritrae sdraiati su un divano che noi non vediamo e del quale resta solo un accenno, una macchia scura a forma di triangolo o di quadrilatero irregolare. Perché “l’artista è come sospeso in un limbo: può cadere in un abisso o volare alto”. Ma non vi avrebbe detto tutta la verità. La verità infatti è che anche i perdigiorno – o forse soprattutto loro – sono sottoposti alla tirannia del tempo. E ogni giro di lancette significa un passo ulteriore verso la Signora Morte. E questo rende scomodo ogni ozio, ancorché creativo. Non lo danno a vedere, i perdigiorno, ma sono consapevoli del nero e si affrettano lentamente nell’esercizio del loro ozio vitale; lentamente si affrettano proprio in virtù del nero che li porta e che li pungola e che li spinge a non avere pace. Guardiani di una soglia che li fa oltreumani.
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Comunicato Stampa
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