‘Me medesimo’ / Paolo Lunanova
Opening 13 aprile ore 18.00
fino all’11 maggio 2024
In un’ ipotetica linea evolutiva della ricerca pittorica, l’opera di Paolo Lunanova si troverebbe sulle frequenze aggiornate dell’ultimo quarto del Novecento, avendo portato avanti con coerenza e unità lessicale un lavoro tutto incentrato su questo linguaggio. Ma la storia è andata diversamente, la linea si è spezzata, e la pittura è stata convocata a fasi alterne e sempre previa autorizzazione.
Nel ventunesimo secolo poi, pare essere stata definitivamente estromessa dal sistema ufficiale, relegata in zone di riserva come elargizione postcoloniale. Il lavoro di Lunanova, all’opposto, si è sviluppato con costanza nell’arco degli ultimi quarant’anni seguendo una direzione precisa, una linea già internazionale, che sulla elaborazione di un originale linguaggio neo-oggettuale o post-oggettuale ha focalizzato la sua ricerca, dopo degli inizi più marcatamente figurativi in cui però era già in nuce il suo allontanamento dall’oggetto in sé.
La mostra me medesimo è una summa del suo ultimo ciclo produttivo, sviluppatosi nell’arco del decennio 2014-2024, che sulle fondamenta precedenti ha innestato l’ennesimo setaccio coerente, il suo certosino mestiere di scrittura pittorica, strato dopo strato, pennellata dopo pennellata, annotazione dopo annotazione. Non è casuale il ricorso alla metafora della scrittura, perché queste opere altro non sono se non le memorie, in forma di diario, di un autore che si esprime attraverso forme e colori piuttosto che con la forma-scrittura. E i segnali di questo labor diaristico emergono nei suoi lavori anche sotto forma di lettere, libere all’interno della composizione oppure a comporre nomi e parole. La sua stesura pittorica rimane coerente e inconfondibile, con i suoi smalti e i suoi acrilici a rafforzare un antico mestiere che, al di là delle forme riconoscibili, compongono una lunga, inesausta riflessione sulla pittura, sulle sue proprietà e sulle sue verità. Riflessione che non gli impedisce di sfondare nella terza dimensione, con la costruzione geometrica che diventa testa, e le teste che diventano archivio, in declinazione installativa.
Analogamente a quanto fatto nei decenni precedenti, attraverso la pittura Paolo Lunanova mette in scena una rappresentazione che parte da un pretesto, in questo caso l’autobiografia del me medesimo, per ritornare a mettere al centro i suoi lessemi, quelli che compone e ricompone con antica maestria. I colori, la luce. La pittura.
– Gaetano Centrone –
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Face to face con se stessi si scoprono universi inesplorati e molti sono gli esempi di artisti che si sono auto-ritratti con l’inconscio desiderio di comprendersi meglio, seguendo l’eterno invito dei classici, guardandosi dentro. L’autoritratto è consapevolezza del sé, perché il gesto del ritrarsi, nella mente dell’artista, è un modo alternativo di vedersi, specchiarsi e, forse, re-interpretarsi.
L’autoritratto è rappresentazione dell’individuo che sceglie quale profilo offrire al mondo, lo strumento attraverso cui rendere fenomeno l’identità personale; la storia lo ha concepito ed utilizzato come privilegiato traduttore di emozioni, esteriorizzazione di moti intimi dell’animo, profonda e accurata autoanalisi con il potere di eternare l’autore, l’artefice, l’artista.
Significato e funzione dell’autoritratto cambiano attraverso le epoche, partendo dalla sola rappresentazione dell’artista affermato, o che si sta affermando, alla sua evoluzione, alla denuncia, all’introspezione e a quello che questo comporta, imprevedibile, inquieto, sfumato, nel riconoscimento così come nell’inevitabile deriva dell’alienazione.
Dalla predilezione per la sola rappresentazione del volto, si arriva all’interesse per l’interezza del corpo, non necessariamente reale, piuttosto immaginario, idealizzato, spesso disarmonico, talvolta sensuale, alla ricerca di un’interiorità che diventa ancora più profonda e completa se sa riflettere la fisicità dell’autore, ma soprattutto la sua identità, o sa mostrare caratteri, pensieri, emozioni, sogni, angosce, ansie, tormenti, fino al momento in cui il concetto-ritratto stesso si decostruisce e la fisionomia è scomposta, mascherata, celata o addirittura assente, per dare spazio ad altro, a nuova complessità magari, con sdoppiamenti, riflessi, smarrimenti.
– Francesca Lunanova –