Opening > sabato 9 dicembre ore 19.00
dal 9 dicembre 2017 al 10 gennaio 2018
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LE CASE POGGIATE
sui territori limitrofi
sui territori limitrofi
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a margine del nero trattengono
del divenire i segni, memoria
forse o solamente ipotesi
di traiettorie dello sguardo:
delineano insieme al silenzio
il paesaggio quotidiano
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le case, come le cose, poggiate raccontano di un progetto di dismissione e rinuncia che apre alla possibilità di costruire il vuoto necessario: alla natura per occupare il suo spazio, all’uomo per individuare una nuova prospettiva del pensare forse è arrivato il tempo in cui non ha più senso fare le cose (e così anche le case): niente è più necessario, se non la ragione del fare che sempre più invita al non fare; mi ritrovo così a spostare le cose da una parte all’altra, a poggiarle su tavoli o trespoli per fermarmi poi ad osservarle nel loro modificarsi in questa occasione espositiva dialogano lavori di due tempi diversi che trovano qui provvisoria sintesi: le case poggiate (2013) e territori limitrofi (2001) le case poggiate appartengono ad un progetto dal forte valore simbolico pensato per Lampedusa e dedicato al Mediterraneo e a tutti quelli che lo attraversano, che lo vivono e troppo spesso lo muoiono. Si tratta di otto piccoli monoliti in pietra nera di Tunisi, un marmo grigio che se lucidato diventa nero: sette semplicemente levigati si presentano ancora grigi, mentre soltanto uno, l’ottavo, tirato a lucido è di un nero quasi assoluto dal quale affiorano venature dorate alle piccole case di pietra nera si accostano, come a definirne paesaggi nell’attraversamento, i territori limitrofi: le scatole di cartone residue, aperte, sulle quali nel 2001 è stato steso l’acrilico nero lasciando affiorare memorie del loro viaggiare per poi assorbire nel tempo tracce di altri viaggi, di sguardi, di accostamenti e contatti, che hanno inevitabilmente segnato e ancora segnano di autentico presente il nero nell’attraversamento possiamo solo accostarci, passare a fianco, percependo l’inevitabile condizione dell’uomo di essere sempre sui territori a margine del desiderio come della vita autentica nelle cisterne, che caratterizzano lo spazio espositivo, dove un tempo si conservavano acqua, grano o altri beni necessari al sostentamento, al centro dello spazio è poggiato a terra un monolite in pietra nera della Maiella tagliato a disegnare ancora una casa che farebbe pensare ad un modello di architettura; trattasi invece de la prima pietra, quindi di architettura concreta, che in una primavera inoltrata vorrei portare in dono e mettere a giacitura sulla terra più alta di Lampedusa, dove lasciarla stanziare, nascosta tra la vegetazione, in attesa di una improbabile realizzazione dell’ambizioso progetto di edificare nell’anima di tutti gli uomini la casa dell’accoglienza questa prima pietra, nella quale è impossibile entrare, rappresenta al contempo la casa primordiale, grembo materno da dove tutti siamo usciti, e la casa ultima dove tornare; poggiata a terra, come portata dagli angeli, la casa vuole essere un segno di speranza, ed è uno strano gioco di coincidenze di date se, secondo la tradizione, gli angeli hanno portato in volo la casa della Madonna a Loreto nella notte tra il 9 e il 10 dicembre del 1294
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Comunicato Stampa
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