Le nove opere presentate costituiscono alcuni esempi di rappresentazione dello spazio su una superficie bidimensionale che escluda qualunque referente analogico con la realtà. Dove cioè, non venga rappresentata alcuna scena reale. E’ risaputo che buona parte dell’arte moderna abbia rivolto la propria attenzione alla sperimentazione di modalità nuove di rappresentazione della realtà. Ma la realtà o, meglio, l’idea che ci facciamo di essa, dipende da fattori diversi e soprattutto da un concetto di spazio (dovremmo aggiungere, di tempo). Se facciamo mente locale, la storia delle arti visive potrebbe essere interpretata come una storia della rappresentazione dello spazio, sempre più “reale”, al punto tale da assistere alla distruzione dello stesso supporto bidimensionale del piano pittorico, ritenuto insufficiente. C’e chi ha affermato che non esiste un dipinto completamente bidimensionale, volendo in tal modo significare che è sufficiente la presenza di un solo punto o una sola linea disegnati su una tela per trasferire, in chi guarda, delle sensazioni spaziali. In effetti quella linea sta “sopra” o “davanti” lo sfondo, simulando in tal modo una stratificazione, una profondità. Gli studi condotti dagli psicologi della Gestalt agli inizi del Novecento, hanno chiarito come facciamo a interpretare lo spazio visivo. Sono sufficienti alcuni indizi come la sovrapposizione, il gradiente di luminosità o di dimensione, la deformazione di un oggetto visivo.
Le opere esposte rappresentano alcuni esempi. Vi sono degli antecedenti autorevoli in tutta questa ricerca artistica, ma la presenza dello strumento elettronico di disegno offre ulteriori modalità di rappresentazione, prima difficilmente raggiungibili.
– Clemente Francavilla –
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