“Quando si tratta di arte, la miglior cosa è non usare parole”. Oggi il grado della comprensibilità dell’arte contemporanea non è più commisurabile con la coerenza del vedere, poiché noi vediamo quel che sappiamo. E quando non sappiamo…E l’arte? E l’artista? L’artista sfida, rinnova, reinventa, sposta, scombina, definisce l’inciampo, apre allo sguardo obliquo, supera confini, apre territori, disperde ogni compostezza, rompe ogni schema.
La parola chiave di tutto è la carta, materiale indispensabile per scrivere, stampare, comunicare, trasmettere. Come accade nelle carte di Antonio Carbone, in esse viene posta in luce la problematica di una ra-presentazione costruita intenzionalmente che dà forma alla frattura tra arte e realtà in modo radicale, interrompendo completamente il rapporto con qualsiasi vero, per simulare un altro dal vero fatto di narrazioni che valgono per sé stesse senza rinviare a niente.
Queste transcritture visive, puramente concettuali, simili alle scritture di strappi su carta di Lucio Fontana o alle estroflessioni su carta a mano di Enrico Castellani, sembrano compiere l’ultimo passo per liberare la narrazione. Così, dalle costellazioni in movimento di segni e scritture, nel silenzio della superficie accolta dalla carta si confondono le identità precarie di caratteri alfabetici, suoni onomatopeici, ritmi acustici, in un disagio percettivo foriero di nuove esperienze ottiche.
– Maria Vinella –
Comunicato Stampa
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