Tomaso Binga

Tomaso Binga è un’artista e poetessa italiana, nata a Salerno, nel 1931. Dagli anni Sessanta vive e lavora a Roma.

In arte ha assunto questo nome per contestare con ironia e spiazzamento i privilegi del mondo maschile. Si occupa di scrittura verbo-visiva ed è tra le figure di punta della poesia fonetico – sonora – performativa italiana. Fin dal 1971 la pratica dell’arte come scrittura è al centro dei suoi interessi.

La sua pratica include il collage, il dattiloscritto, la pittura, la performance. Si occupa di scrittura verbo – visiva ed è tra le figure di spicco della poesia sonora e fonetico – performativa italiana.

Tomaso Binga si è avvicinata all’arte quando era ancora una ragazzina, grazie al padre, che per diletto amava dipingere. Ed è sempre grazie al padre che Binga sviluppa un grande amore per la poesia. La produzione poetica da sempre si affianca alle produzione artistica.
La sua vita è un intreccio di incredibili incontri, primo fra tutti quello con Filiberto Menna, che sposa nel 1959 e con il quale si trasferisce a Roma, dove tutt’ora vive.
Tante sono le prospettive attraverso cui Tomaso Binga ha operato nel corso degli anni. Oltre all’insegnamento all’Accademia di Belle Arti di Frosinone, ha creato e animato il Lavatoio Contumaciale, un luogo votato allo scambio culturale, che nel tempo ha svolto un’intensa attività, promuovendo il dibattito su diversi temi attraverso la letteratura, a poesia, le arti visive, i teatro, il cinema.

Tomaso Binga e l’impegno per i diritti, pace e libertà
Il suo lavoro va ben al di là dell’impegno femminista, per quanto esso abbia sempre avuto un ruolo centrale. Tomaso Binga, da sempre è impegnata per i diritti degli esseri umani, per la parità di genere, ma è anche impegnata a difendere la libertà e la pace.
L’ironia che spesso caratterizza le sue opere non cela l’amaro sentimento di disappunto nei confronti delle ingiustizie, ai drammi che spesso colgono gli esseri umani, ai disastri che rovinano il nostro mondo. Tomaso Binga è sempre stata proiettata nel futuro, eppure già nella sua prima opera contesta l’uso sbagliato dei nuovi media, e lo fa attraverso una nota performance, Vista Zero, tenutasi nel 1972. L’artista, avvolta in un lenzuolo bianco, ricopre con una garza la sua testa lasciando libero solo il volto e gli organi di senso. Dopo aver incollato una serie di occhi di carta di varie dimensioni, termina la sua azione performativa con l’applicazione di due grandissimi occhi sulla fronte: metafora di un mondo che si apriva ai mille sguardi dei nuovi media, potenziali strumenti di quiescenza dei cervelli.

La produzione artistica di Tomaso Binga
In tempi non sospetti Tomaso Binga ha iniziato una serie di collage – sculture (quello che Italo Mussa definì oggetti – immagine) riutilizzando gli imballaggi di polistirolo interni alle scatole dei più disparati oggetti di consumo, compiendo una incredibile azione di riciclo di materiali.

Nell’arco della sua produzione artistica ha attuato decine di collaborazioni con artisti, prima fra tutte quella con Verita Monselles con la quale realizzerà una delle sue opere più note: L’Alfabeto Murale.
Soprattutto sul tema della poesia sonora e fonetico – performativa Binga ha consolidato importanti relazioni artistiche con Lamberto Pignotti, Giovanni Fontana, Antonio Amendola e molti altri.

Tomaso Binga ha creato nuovi linguaggi visivi a partire dalla scrittura asemantica per finire all’Alfa simbolo (su cui lavorando dal 2020) passando per il dattilocodice, di cui alcuni esemplari sono esposti alla Biennale di Venezia, nella mostra Il latte dei sogni, curata da Cecilia Alemani.

La pratica dell’arte come scrittura copre oramai un arco creativo cinquantennale, con dei picchi di grandissimo impatto: Ti scrivo solo di domenica del 1977 e Diario Romano del 1995 sono dei capolavori, in cui la parola come segno si impone nello spazio e persino nel tempo attraverso matrici compositive di lirica altissima.