Silvio Canini
Il sogno della fotografia
13 giugno | 13 luglio 2024
OPENING 13 giugno ore 18.00
a cura di Alessandro Cirillo
Che cosa sono dunque le fotografie? Fin dalla loro apparizione, nella prima metà dell’Ottocento, le fotografie hanno insinuato il sospetto di poter rappresentare il mondo in modo ineccepibile, quasi come se fossero portatrici di una qualche forma di verità, tanto da diffondere il terrore, tra i pittori dell’epoca, che la loro carriera fosse giunta al temine dovendo affrontare l’impari battaglia della somiglianza contro una tecnica che faceva della aderenza alle forme del mondo il proprio cavallo di battaglia. Sappiamo oggi che tutto questo è stato ampiamente messo in discussione da schiere nutrite di semiologi e di fotografi che hanno dimostrato l’intima propensione delle immagini fotografiche ad una camaleontica qualità di mimetizzazione, quella che io considero come un’ indole staminale, qualcosa che consente alle fotografie di assumere di volta in volta significati differenti e tutt’altro che definiti una volta per tutte. Così accade nelle immagini di Silvio Canini, autore romagnolo ma difficile da confinare in limiti geografici, per via della sua capacità, innata, di utilizzare il mezzo fotografico per suggerire che il mondo, lungi da come si possa pensare, può essere mostrato in modi molto differenti tra loro e dunque stupirci e, al tempo stesso, aprire la nostra mente a nuovi significati e prolifici dubbi.
Nelle due serie in mostra nella galleria Museo Nuova Era, l’una intitolata “Mare di silenzio” e l’altra “Costellazioni”, l’autore ci accompagna in un viaggio poetico in grado di modificare, nella prima, lo stereotipo legato al nostro bel mare, mostrandoci un trasognato paesaggio in cui la spiaggia della sua Bellaria si trasforma in un foglio bianco di neve da cui emergono colorate forme che rimandano non già ai giochi tipici dell’estate bensì ad oggetti quasi alieni, sorpresi in una dimensione in cui non siamo abituati a vederli e, nella seconda, mostrandoci una astronomia vegetale, l’invenzione di uno spazio tutto illuminato e striato di rami e fiori che suggeriscono un’astrazione poetica sospesa, quasi galleggiante, in cui poter far vagare i nostri occhi alla ricerca di punti di riferimento che cambiano continuamente assumendo la valenza di una coreografia sempre in movimento.
Due serie in grado di dimostrare in modo incontrovertibile la poliedricità del nostro autore, la sua capacità onirica di invitarci, sempre e ancora, ad un altro viaggio in cui poter scoprire che il mondo è, sempre e ancora, un mondo nuovo.
Alessandro Cirillo